Proxima estación: Sestri Levante

Da molto tempo le pensavo. Le Cinque Terre intendo. Con le loro alture, gli strapiombi, i colori delle case, ed i boschi in riva al mare, che il popolo ligure ha deciso di conservare fermamente, o per lo meno di provarci. Non ero mai stata in Liguria – non valgono i viaggi da bambino, in quanto, se non permangono spontaneamente nella memoria, hanno il valore profondo di una condivisione famigliare, ma in qualche modo attutita, velata, come un racconto in terza persona.

Le Cinque Terre dicevo, e per quanto ancora ignorassi gran parte della sua ricchezza storica e sociale, stuzzicavano quel sesto senso per il bello, indizio discreto e quanto mai efficace, il quale mi porta a seguire il filo della consistenza – qualunque essa sia, purché Sia – e ad esplorare tracce di antiche gesta appartenenti alla memoria collettiva. Ho sempre pensato che qui, in Italia, per quanto penisola battuta dal vento del cattolicesimo – credenza con i suoi pro e contro riguardo i quali non avvierò in tal sede alcun discernimento – il genio umano si sia adoperato nella costruzione dei templi del culto ed abbia massimamente investito la sua forza e la sua capacità del fare. Homo – catholicus – faber. Ad ogni modo, ciò che intendo dire, è che, volendo cercare il meglio dell’uomo, lo troveremo proprio nell’abilità della costruzione e dell’abbellimento dei luoghi sacri. Come parimenti all’oggi – permettetemi questa breve digressione – volendo perseguire tale ricerca, non sarà più negli studi empirici circa lo scarico dei pesi sul versante laterale per poter sfidare l’altezza, e in qualche modo il cielo, che troveremo quel valore, bensì nella pubblicità, locus per eccellenza dello sforzo creativo contemporaneo, ove le migliori intelligenze si adoperano, investendo passione, amore, dedizione. Non spetta a me valutare la bontà o meno di tale modifica sostanziale di obiettivi, in quanto è necessario un orizzonte ben più ambio della durata una vita per comprenderne a fondo i valori recanti. Per parte mia, io – quivi – mi limito a notare il cambiamento, senz’altro aggiungere.

Gorizia (GO) | Scrutando l'atlanteMa torniamo a noi e a questo quinto viaggio del vespino. L’estate del 2011 fu lunga, intensa, il lavoro era nella sua fase avanzata e poche erano state le uscite al mare. Come tutti gl’anni sognavo la Spagna e i suoi monasteri del nord, ma neanche stavolta avrei potuto affrontarla con la giusta preparazione ed il giusto clima. Così aprii l’atlante, e misurando con il dito una distanza ragionevole entro e non oltre i 1000 km dal luogo di partenza – Gorizia – feci l’appello delle possibili mete. La Croazia l’avevo già battuta, Istanbul era lontana, l’Austria montuosa e la Francia troppo vicina all’amata Spagna per sottopormi ad un simile affronto. Restava l’Italia ed avevo bisogno di mare. Possibilmente con spiagge di pietra e non di sabbia. Allora siamo d’accordo, mettiamo via l’Adriatico, ché fino ad Ancona ed oltre ha quel retrogusto di palude e di piedi sprofondati nella sabbia scura, e guardiamo con occhio curioso al versante tirrenico. Il 2010 mi aveva visto attraversare l’Appennino alla volta di Livorno per la missione sarda e di quell’escursione ricordavo il piacere di certe alture e certi panorami estesi, ed anche una piccola nota a margine sul diario di bordo, con sopra un asterisco: Cinque Terre.

Così, con il sesto senso in fibrillazione, una manciata di giorni per i preparativi e la voglia di viti e salsedine, mi accinsi a stilare il piano di viaggio. Era passata la prima settimana di settembre e l’estate sembrava non finire.