Il respiro di Barcelona

PRIMA DI ADDORMENTARMI
Delle molte visite fatte alla città di Barcelona questa è certamente la prima in cui riesco, in certo qual modo, a delineare la fisionomia di un luogo, inteso come spazio in cui vivere – al di là quindi dell’insita bellezza che colpisce il viandante, il quale, in virtù della natura breve del suo soggiorno, è di per sé incline ad acquisirne solo alcuni tratti e, tendenzialmente, i più piacevoli.

Ad essa si aggiunga la sensazione disarmante dei suoi spazi e di ciò che in cuor mio ho chiamato Il respiro di Barcelona: l’apertura delle piazze, l’ampiezza dei viali delineati da filari di palme, il vento adagiato sulla spiaggia. L’indicibile sensazione di quiete nell’aria mossa dalla frenesia di una città dinamica, gioiosa, calda. Ah quale piacevole impressione il sentirmi completamente allineata ad un luogo, nel mentre l’attraverso a piedi, o in Vespa! E nel quale, persino il fluire del traffico da una parte all’altra m’è parso in equilibrio organico, funzionale come lo è la disposizione saggia e avveduta degli attrezzi di un artigiano sul proprio tavolo da lavoro.

PER INCISO
Nella Spagna della crisi economica, nella roccaforte della Catalunya, con le sue orgogliose varianti linguistiche e culturali, nelle emergenti tensioni sociali legate alla disoccupazione e alla mobilità, nella solidarietà umana, la quale forse per la prima volta vacilla, e persino nei suoi anfratti sporchi e maleodoranti, la sensazione di una vita se non migliore, certamente più distesa, di un tessuto sociale che tende ad inglobare più che isolare, hanno impresso nell’animo mio il desiderio di saggiarla, e di confrontarmi, almeno una volta, con questa giovane capitale, colorata con le forme ed i sogni di Gaudí, vetusta come una certa ingombrante burocrazia di regime, spezzata dalla bolla dell’edilizia ancor palpitante al sole, eppur dotata d’una intrinseca, possente, frastagliata, forza.