Vi è una connessione lineare nel rapporto fra spazio e tempo, che così, volendola qui rappresentare visivamente, potremmo paragonarla, a scopo puramente esemplificativo, allo scoppio di una bomba.
Ora, pensando alla deflagrazione che un ordigno provoca nello spazio in cui è stato azionato, ci renderemo facilmente conto che tanto più un elemento sarà posto vicino al luogo della detonazione, tanto più forte sarà l’impatto sullo stesso. Man mano che ci si allontana da quel punto, secondo uno schema concentrico non necessariamente regolare, la forza d’urto diminuisce sino ad affievolirsi completamente. Le prime case sono state spazzate via, le seconde ne portano i segni ma sono rimaste in piedi, le terze hanno vacillato, solo lievemente.
Allo stesso modo potremo dire che tanto più vicino nel tempo sarà posto il dolore che ha colpito l’animo, tanto più forte sarà l’effetto sull’intero corpo sul quale si è abbattuto, e, per estensione – in questo caso temporale – come per la prima, la seconda e la terza fila di case, man mano che ci si allontana dal tempo in cui esso è avvenuto, tanto più diminuisce la forza d’urto del colpo originario, sino ad affievolirsi, completamente.
Come dice sempre mia madre,
il tempo è un galantuomo.