Pece e piume

1° giorno di viaggio | Mercoledì 31 luglio 2013 | Treviso – Cremona

Come nelle migliori tradizioni delle partenze, in cui i sacchi e gli zaini ammonticchiati davanti alla porta pesano inesorabilmente più di quanto i calcoli doviziosi della settimana prima non abbiano ponderato – ad ulteriore riprova del fatto che certe attitudini non cambiano mai – anche la presente partenza può dirsi, con onore e gloria, rocambolesca!

PREMESSA
Giungo al fatidico mercoledì con quattro notti insonni alle spalle, trascorse fra la chiusura dei lavori – sarei stata via un mese, ed ogni cosa doveva essere a posto per evitare chiamate inopportune nel bel mezzo dell’impresa audace – ed i preparativi per il viaggio. Vi lascio dunque immaginare lo stato pietoso in cui, quella mattina, il nostro intrepido avventuriero, con movimenti tanto lenti quanto beffardi, s’accingeva ad ultimare le borse, sforzandosi di non dimenticare nulla, o quantomeno di non seminar per casa gli oggetti fondamentali: passaporto, mappe ed il biglietto di sola andata per Barcelona.
Benedetta incoscienza, continuavo a ripetermi: come fai a partire per un simile viaggio, in codeste, deprecabili condizioni?!

POLAROID DELLA PARTENZA
Con fare donchisciottesco ed un ritardo di tre ore sulla tabella di marcia, il nostro chiude le borse alle ore 12.20, si lava, infila la divisa del pilota e scende in istrada per il caricamento del suo destriero. Di mortal torpore avvolta, posiziono i bagagli sulla Niña ancor fresca dell’armatura del guerriero, maledicendo il volume complessivo ed il peso plùmbeo delle borse, le quali, a seguito di un’eccessiva apprensione, mi hanno trasformato da prode eroe a triste facchino di me stessa! Tardi, stanca già prima di partire, nel silenzio desolante di un quartiere interamente trasferitosi al mare, mi accingo alla partenza. D’accordo! Non è proprio come ce la siamo immaginata – grandi saluti coi fazzoletti dei cari, fotografie e grida di incitamento, plausi e battute sulla spalla – però questo è ciò che abbiamo per le mani. E va benissimo così! Completo la divisa del valoroso con sciarpa nera, occhiali da aviatore, giubbotto con protezioni, e monto in sella. Proxima estación: Gibraltar!

Confesso qui ed ora l’emozione vibrante che mi ha travolto quando, imboccando via San Nicolò, ho fulgidamente realizzato che due anni di sogni ad occhi aperti sull’atlante stavano per compiersi. 

Con rombo orgoglioso percorro la circonvallazione interna di Treviso per una prima prova su pista. Dio quanto sei pesante Niña! Ma non c’è più tempo: non posso né cambiare, né alleggerire i bagagli! Imbocco tremebonda la Strada Statale 53 Postumia in direzione Vicenza. Ricordo di averla percorsa l’inverno scorso per andare a giocare a palle di neve con l’amica Giorgia a Tuenno (TN). Meno affascinante ora in Vespa, mi muovo rapidamente – certo nei limiti fisici della rapidità di un pachiderma, stordito dal sonno, con un carico enorme in groppa –, tenendo testa a camion e automobili, che sfrecciano impunemente et irrispettosamente al mio fianco.

Treviso - Cremona | La partenza dell'eroeUNA TRAVERSÌA COLPISCE L’INTREPIDO
Passo in men che non si dica Castelfranco Veneto, Cittadella, poi, a Vicenza, guadagno la Strada Provinciale 247, e finalmente mi trovo immersa nella campagna dei campi coltivati, degli alberi, dei fossi con l’acqua per irrigare le colture. Una meraviglia, resa ancor più bella dal suo essere completamente inattesa! D’un tratto però, nel mezzo del profumo dell’erba appena tagliata, un fragoroso cartello lavori in corso irrompe nel paradiso delle cicale, per trascinarmi lungo una china imbrattata di pece e gremita di sassolini appiccicosi, i quali tintinnano fragorosamente come fossero pop corn nella pentola della carrozzeria.

Cauta procedo, da un lato piangendo le ruote nuove di zecca imbrattate di catrame, e dall’altro facendo attenzione a non appoggiare i piedini a terra (le All Star si sarebbero squagliate seduta stante), il tutto con prode equilibrio da funambolo, poiché, per limitare i danni alla pancia inferiore della Poderosa, ho ridotto la velocità di crociera a 15, modestissimi, chilometri orari.

Bene, dopo circa 4 km di cantiere, usciamo felicemente dal bitume, giusto in tempo per perderci fra i paesini di Saline, Noventa Vicentina e Poiana. Accidenti, di buon che doveva essere dritta la strada! Mi fermo, tiro fuori la mappa, confronto i nomi delle località segnati sui cartelli ma – ovviamente – non sulla carta, fiuto l’aria, e giungo alla sconfortante considerazione di aver sbagliato strada. Mi faccio forza e decido di riaffrontare la pece: con ottime probabilità ho mancato un bivio prima dei lavori in corso. Torno sui miei passi ma, all’indicazione del cantiere, la Niña comincia a tossire. Arrivo al catrame fresco, la Niña si spegne. Quando vuol dirti una cosa, la ragazza parla chiaro! Approfitto dell’arrivo di un omino in divisa fosforescente per chiedere ragguagli, ed egli, urlando per sovrastare i rumori dei macchinari infernali sparsi tutt’intorno, mi reca una notizia buona ed un cattiva. La buona: non devo riattraversare il catrame. La cattiva: sono fuori di 15 km dal sentiero, chilometri ai quali va aggiunta la spinosa aggravante del bolide col singhiozzo.

PONZIO PILATO
Tentando di uscire dal dedalo di villaggi e nuclei di case sparse, all’altezza di Cicogna (PD) vedo un’officina, mi fermo e chiedo se possono dare un’occhiata al mezzo. “No, non possiamo. Però c’è un meccanico più avanti.” Io vado, ma non lo trovo, e in più la Niña continua a spegnersi, costringendomi così a darle gas – tanto gas – per tenerla accesa. Lo strazio dello smarrimento amplificato dai giri folli di motore a vuoto. Arrivo a Montagnana e, davanti alle mura, mi fermo per una necessaria sosta sigaretta, unita ad un altrettanto necessario discorso serio alla Niña. “Cos’hai mio bel destriero?” – a momenti le guardavo i denti per capire la natura dell’accidente che l’aveva colpita. Ma, con somma tristezza, la Niña non mi parla più. Tutta trafelata chiamo il meccanico al quale avevo appena staccato un sonoro assegno per i preparativi del bolide. “La Vespa si spegne!” gli dico forte, cominciando ad argomentare. Forse sono state la pece e le piume, forse l’ho tirata troppo ma, ad esser sinceri, non mi sembra. Insomma per quel poco di cui so, la Poderosa bene non sta! “Provi a controllare la candela, c’è una pietruzza nera, ecco, deve verificare che sia pulita e al suo posto.” mi dice lui.
Capisco, penso io.

Montagnana (PD) | Problemi al motore

Ora bisogna spendere alcune parole sull’assoluta impreparazione del nostro eroe in fatto di motori. Ebbene, consapevole delle scarse conoscenze, egli ha compensato tale mancanza con un sano, puntiglioso et preventivo assillo del meccanico, operazione tecnico-psicologica mediante la quale – prima della partenza – mi sincero del corretto posizionamento di ciascun pezzo all’interno del piccolo centauro. Quindi, nella fattispecie dell’attuale contingenza, questo cosa significa? Significa che, posta di fronte ad un motore in avaria, non posso far altro* se non spendere parole di incoraggiamento, probabilmente più per me che per il mezzo!

Salgo dunque in sella e mi dirigo da un benzinaio, con l’ingenua quanto fiduciosa convinzione che, almeno lui, certamente saprà controllare una candela. Ahi quanto fallace si è rivelata tal credenza! Giunta al distributore, con aria affabile e occhioni sgranati gli chiedo se può controllare la Vespa. “No guarda c’è un’officina più avanti” mi risponde, senza darmi neanche il tempo di articolare un sano, efficace, pianto del morto. L’officina segnalata è lontana e la Niña continua a fermarsi, oramai ogni 30 metri. Altro benzinaio, stessa scena. Almeno Ponzio Pilato era uno solo! Io invece ne trovo a iosa! “Vada nella zona industriale, Superbike è un negozio-officina, chieda lì.” Soffrendo intensamente giungo in un’area pianeggiante, in cui pochi alberi solitari fanno da contraltare ad edifici rigorosamente in cemento, con piazzale antistante anch’esso in cemento, ed il cui colpo d’occhio, abbagliato da colori innaturali, segna la cifra ed i sintomi conclamati dell’affezione industriale.
In pieno incrocio con rotonda a due corsie, nel folle tramestio d’auto del fine giornata lavorativo, la Niña si spegne. Tiro giù un santo con tanto di abito e palma, la riaccendo a fatica, spingendo nel frattempo con i piedi per uscir dalla calca. La Niña parte, trovo questo benedetto Superbike, entro. Signora al telefono. Attendo con la pazienza posta al limite della resistenza, e, non appena mi riceve, spiego con dovizia di particolari il mio problema. La signora scende quattro scalini e va dai meccanici nel retro bottega, i quali, ascoltate le parole della donna, alzano le braccia al cielo, mentre io lascio cadere le mie lungo le gambe. “Guardi signorina, c’è un centro Piaggio a pochi chilometri da qui.” Me l’ha letta in volto la disperazione allorché mi forniva le indicazioni per raggiungerlo. Raccolgo forze e coraggio dal calzino, tiro giù il secondo santo, sgaso come fossi un ragazzino davanti a scuola, e parto.

LA PROGNOSI
Trovo il minuscolo simbolo della Piaggio in mezzo ad una coltre di cartelli e frecce lampeggianti. Sudata, sconvolta, preoccupata e pure arrabbiata, faccio il mio ingresso nell’officina. Un signore in una prima stanza parla al telefono agitato; nella seconda un altro, più tranquillo, sta digitando alla tastiera. Busso al secondo, “mi scusi, ho un problema con la Vespa, credi si tratti del motore…” non faccio neanche in tempo a completare la frase, quand’ecco che il primo uomo – quello rumoroso – entra nell’ufficio ed esordisce con un secco quanto impietoso: “non ci sono meccanici oggi!” Credo si sia sentito il boato dello sconforto spandersi per l’intero stabilimento. No, non è possibile, articola faticosamente il mio cervello. A quel punto il silenzioso alza gl’occhi dal monitor: “Che vespa hai?” “PX 125, immatricolata 2007!” rispondo prontamente. “Qual è il problema?” “Mi si spegne.” “Dai, fammela vedere che se posso fare qualcosa…” Gli spiego l’accaduto della pece, il suggerimento telefonico della candela, la fatica immane per portare il mezzo sino a lì. Lui l’accende, ruota la manopola, ascolta con attenzione il rombo pesante (credo ad un certo punto l’abbia anche annusata), poi, con grave serietà emette il verdetto: “si tratta del carburatore. È sporco.” Tiro giù il terzo santo della giornata pensando alle monete sonanti versate non più di una settimana fa al meccanico per la preparazione tecnica della Niña. “Si può sistemare?”, domando con un filo di voce, intuendo la gravosità della situazione. “Senti, facciamo così, io provo a pulirlo e se va, a posto! Altrimenti bisogna smontarlo completamente e pulire a fondo. Ma non posso farlo io. Devi tornare domani.”

Col cuore in palpitazione posto di fronte alla crescente tragedia in atto – dell’intero viaggio, solo una prenotazione avevo fatto: il traghetto di andata, in partenza l’indomani, alle ore 13 da Genova, costo 191 euro, non rimborsabile, né modificabile – porto la Niña in sala operatoria. Aperto il guscio laterale, Paolo – questo il nome che più tardi scoprirò appartenere all’impiegato dell’amministrazione felicemente appassionato di Vespe – inizia a svitare viti e coperchi ed infine estrae un piccolo cilindro color bronzo. Guardo perplessa l’oggetto minuto fra le sue dita. Non misurerà più di sei centimetri di lunghezza per uno di diametro, il pequeño (in spagnolo “piccolo”)! Egli lo scruta in controluce con attenzione, spiegandomi che, se la benzina è sporca, anche un solo pulviscolo può ostruire i bocchettoni del carburatore, impedendo così l’afflusso della bibita energetica al motore. Col fiato sospeso, gl’occhi fissi e la mente accecata dalla possibilità di perdere il preziosissimo traghetto di andata, lo guardo pulire il pezzo e l’abitacolo suo proprio con il compressore. In un istante interminabile, come se anche il tempo si fosse fermato a guardare la scena, i vari pezzi vengono rimontati con ordine e, avvitata l’ultima vite, insieme ad un rullo di tamburi Paolo s’appresta a verificare la bontà dell’intera operazione compiuta. E così, premendo con forza sul pedale dell’accensione, avviene ciò che in cuor mio più che sperare, pregavo accadesse: la Niña, con piglio orgoglioso tanto più entusiasta quanto lungo è stato il digiuno di carburante, s’accende, sfoderando il migliore e più fragoroso rombo del motore!

Con lo slancio della speranza nuovamente infusa nelle membra, la gratitudine per la gentilezza incontrata dopo numerosi rovesci, ed il buon esito della fatalità piombatomi addosso, ringrazio calorosamente Paolo e mi rimetto in strada – fedelissima SS 10 – direzione Piacenza.

VERSO CREMONA
Con fare quanto mai lieto per il pericolo, non tanto scampato, quanto felicemente risolto, il valoroso eroe, accompagnato dal nuovamente fido scudiero, percorre fiero le Grandi Valli Veronesi, coronando il tragitto con un’entrata magistrale a Mantova, accompagnata da un the freddo servito in Piazza Sordello. Tempo di due sorsate e sono già con la mappa alla mano per un ricalcolo rapido delle distanze. Perché – va detto – avendo speso due ore a cercar meccanici, aggiungendo le tre di ritardo sulla partenza, più lo smarrimento fra Este e Montagnana, il nostro è fuori di circa 100 chilometri dal seminato. Alzo gl’occhi al cielo, ottenendo testé conferma del lento svanir del giorno. Orbene, col piglio di chi sa che è tutto nelle proprie mani, raccolgo le forze per un ultimo balzo verso Cremona, mentre il mio personalissimo copilota da terra mi prenota l’albergo, ove giungo, con volo moderato, alle ore 21.15.
Stanca e felice.

Mantova (MN) | Entrata magistrale

 

CONTACHILOMETRI: 278
STRADA DEGNA DI MENZIONE: Provinciale 247 da Vicenza a Montagnana
CONSIGLIO DEL GIORNO: quando fai benzina, non lasciare il tappo del serbatoio aperto!


Posta di fronte ad un motore in avaria… Fra le varie promesse fatte a me stessa durante il lungo viaggio per Gibraltar, la conoscenza dei rudimenti del motore è una fra le prime in lista.

E per chi non ne avesse avuto abbastanza: bonus post!
Only for addicted travellers.